Elisabetta Foradori ed il suo "Granato"
di Oscar Sperindio e Cinzia Forino
[4 febbraio 2003]



Il pianeta-vino, un mondo da esplorare.
Il diario dei nostri viaggi, gli incontri con i produttori.

 VIAGGI & INCONTRI
    ELISABETTA FORADORI 2003

"Forse sarà la sua grazia e la sua bellezza,
ma questo vino m'ha veramente emozionato,
c'ho sentito anche il gelato al cioccolato"


In queste parole dette alla fine della degustazione del Teroldego Granato da un canuto signore, sempre presente agli assaggi più importanti, si può racchiudere l'emozione che la giovane signora Elisabetta Foradori ha saputo trasferire ai presenti nella sala dell'hotel Parco dei Principi di Roma il 4 febbraio, in occasione della verticale di Teroldego "Granato", organizzata dall'AIS di Roma.
Ottimo esempio di empatia tra il prodotto e il produttore.

Più volte ha ribadito i concetti di armonia ed equilibrio per definire gli obiettivi che si pone nell'ottenimento di un gran vino come il "Granato".

Una ricerca iniziata nell'85, dopo gli studi di enologia a San Michele all'Adige, anno in cui ha preso le redini dell'azienda e con coraggio e determinazione, ha iniziato un lavoro di reimpianto progressivo, abbandonando la famosa pergola trentina, introdotta nella zona tra le due guerre, a favore di impianti a guyot e rivolgendo particolare attenzione al lavoro in vigna e alle selezioni massali.
Il Teroldego è un vitigno autoctono del Trentino che viene coltivato per circa 400 ettari, esclusivamente nel Campo Rotaliano, una pianura circoscritta da alte montagne che la riparano dai venti freddi e ne mitigano il clima rendendolo adatto alla viticoltura. Il terreno alluvionale, in prevalenza ghiaioso e ciottoloso, è ricco di componenti minerali che si ritrovano evidenti nel vino conferendogli tipicità. Le uve per la maggior parte vengono raccolte e fatte confluire in grandi cantine sociali.

In un contesto culturale restio alle innovazioni coraggiose, Elisabetta Foradori anziché puntare su tagli bordolesi, ha concentrato i suoi sforzi su questo vitigno autoctono talvolta difficile: il Teroldego… ed il suo è un grande Teroldego. Un Teroldego IGT (indicazione Geografica Tipica) che proviene da rese di circa 60 quintali per ettaro a dispetto dei 170 che il disciplinare impone per la DOC Trentina Teroldego.

"Il Teroldego è o non è" , non nasce da tagli. Consapevole da subito delle grosse potenzialità del vitigno, che da sempre ha le potenzialità di produrre vini ricchi di polpa, acidità e tannini che venivano banalizzati da una resa di uve troppo alta e con l'utilizzo di selezioni di cloni quantitativi a scapito della qualità, ha iniziato il reimpianto progressivo di cloni selezionati che ha portato dall'85 ad oggi, al quasi completo rinnovamento della vigna. Rispetto dei tempi e della biodiversità.

"I biotipi diversi di una varietà sono come i propri figli, si somigliano, ma non ce n'è uno uguale all'altro". La vigna è fatta di tanti individui, di diversità e proprio l'incontro tra questi rappresenta la ricchezza che costituisce l'inizio di quello che diventerà poi il Granato.

Un vecchio maestro zen diceva che le qualità essenziali per il comando sono l'umanità,la chiarezza e il coraggio. Elisabetta Foradori ci ha dato l'impressione di possedere queste capacità. Il vecchio maestro continuava dicendo che l'umanità senza la chiarezza è come possedere un campo e non ararlo. La chiarezza senza il coraggio è come piantare dei germogli e non liberarli dalle erbacce. Il coraggio senza l'umanità è come saper raccogliere ma non saper seminare .Possedere queste qualità è condizione necessaria ma non sufficiente se non c'è, come ha rimarcato la produttrice, una continua ricerca dell'equilibrio e dell'armonia tra di esse.
La cantina con il miglioramento dei processi di vinificazione, con il controllo della fermentazione, con un saggio utilizzo della barrique e un adeguato affinamento in bottiglia, ha dato un valido supporto a quanto di già molto buono fatto in vigna. Il vino nasce in vigna, la cantina lo svezza e lo rende adulto.

Ecco il "Granato": le caratteristiche sono l'estrema morbidezza, se pur nel rispetto di un vitigno scontroso che talvolta può risultare ruvido, un tannino presente in maniera elegante e l'assenza di retrogusto amaricante. Il bicchiere risulta pieno di tutte le componenti che il vino promette all'olfatto.
Il Granato fermenta in botti di rovere e non subisce tempi lunghi di macerazione: dopo circa 10 giorni il vino viene messo in barrique nuove per il 60-70%, per un periodo di 18 mesi.

1986, anno della prima selezione "Granato".
"Cambiare il sistema produttivo!" Questa era una certezza, un punto importante da cui partire, ma in quell'anno le uniche modifiche che si poterono apportare furono il diradamento dei grappoli e l'introduzione delle barrique nuove per il 50%.

Il colore rosso rubino ha ceduto parte della sua brillantezza ad una tonalità più granata ma la grande consistenza fa sempre da padrona. Gli aromi si rivelano ancora un po' grossolani sottolineando la sua antichità. Rimangono evidentissime le caratteristiche del Teroldego, concentrate su toni balsamici e sensazioni minerali.

Dopo un periodo di assestamento ecco le prime annate frutto delle innovazioni.

Il 1997 rappresenta il primo "Granato" moderno. Costituito per il 30% da uve provenienti da selezione massale, si presenta con un colore impenetrabile, rosso rubino con grande unghia porpora. Vagamente ricorda il Syrah.
Grande concentrazione polifenolica e di estratto secco. L'olfatto di grande intensità aromatica, richiama la confettura di more, il tabacco dolce e sensazioni minerali che rimangono filo conduttore in tutte le annate.
La stagione calda del '97 ha lasciato un'impronta opulenta nel vino.

Il 1998 ha un leggero cedimento sul colore che si presenta un po' più granato. La stagione è stata piuttosto fredda e molto piovosa ed il vino inizialmente si presentava spigoloso, ma un lungo affinamento in vetro lo ha reso più morbido.
Pur rimanendo un vino equilibrato, il suo olfatto è più ridotto se paragonato alle annate precedenti e quelle successive.

Nel 1999 ritroviamo il colore rubino impenetrabile con i riflessi porpora. Lo si può comprare e dimenticare in cantina senza la preoccupazione di sorprese.
Deriva da un'annata equilibrata, non eccessivamente calda, ne fredda, con piogge regolari e tutto ciò ha permesso una buona concentrazione mineraria.
Vino dall'espressione aromatica sorprendente di frutti di bosco, spezie e note minerali; alla gustativa si esprime confermando tutti i suoi sentori olfattivi e rivelando una ricchezza di polpa che ritroviamo sempre più elegante mano a mano che passano le annate.
In questo vino troviamo il 50% di uve provenienti da nuove selezioni massali.

Il 2000 esula un poco dagli altri. E' un po' più accattivante, forse più delicato, femminile. Pur rimanendo di estrema consistenza, il suo gusto è forse più immediato e di più facile comprensione.

Il 2001 è giunto a noi direttamente dalle barrique. Prodotto con oltre l'80% di uve nuove, non è ancora in commercio, ma si preannuncia di ottimo livello.
Un'altra annata equilibrata dal punto di vista climatico che ha favorito la massima espressione peculiare del Teroldego.
L'ottima intelaiatura costituita dalla buona freschezza e sapidità in equilibrio con l'alcol, lo rende più che mai pronto per una vita longeva.

Questo è il messaggio che Elisabetta Foradori, con il suo costante lavoro, vuole esprimere.
In un paese in cui solo da pochi decenni la produzione di vino ha avuto una svolta decisiva verso una qualità che possa essere punto di riferimento per l'enologia mondiale, è impensabile che alcune zone rimangano sorde o indifferenti alle grandi potenzialità rappresentate dal clima e dai nostri vitigni.
Il coraggio dell'attesa di produttori che amano il vino e la terra, sia da esempio affinché i nostri prodotti possano avere il giusto spazio e il giusto riconoscimento.

Cinzia Forino & Oscar Sperindio

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